I negoziati a quattro per il cessate il fuoco in Ucraina orientale si potrebbero tenere mercoledì 11 febbraio a Minsk, in Bielorussia. Lo ha affermato un portavoce del governo tedesco dopo la teleconferenza di domenica, alla quale hanno partecipato la cancelliera Angela Merkel, Vladimir Putin, François Hollande e Petro Poroshenko. Ma la partecipazione russa ai negoziati, ha precisato il Cremlino, dipenderà dal rispetto di alcune condizioni in mancanza delle quali Putin ha già fatto sapere di non essere intenzionato a partecipare al vertice.
La teleconferenza, definita “esauriente”, non ha prodotto un accordo, ma ha mostrato alla comunità internazionale che c’è ancora spazio per trattare. Non un trionfo, ma neanche un fallimento: tanto più perché, come ha sottolineato il presidente francese Hollande, se i negoziati dovessero fallire, la guerra sarebbe inevitabile. Ma anche nella migliore delle ipotesi, cioè se a Minsk si decidesse il cessate il fuoco, il Donbass continuerà a bruciare per altri tre giorni.
Da Sochi, dove sabato ha partecipato al congresso dei sindacati russi e ha incontrato il suo omologo bielorusso Alexander Lukashenko, Putin si è dichiarato favorevole a sedersi al tavolo delle trattative con i tre capi di stato, rilanciando il “formato Normandia”.
“Non vogliamo combattere con nessuno”, ha fatto sapere il leader del Cremlino: “intendiamo collaborare con tutti”. Parole che sembrano avallare la posizione di Angela Merkel: sabato, alla conferenza per la sicurezza di Monaco di Baviera, la cancelliera aveva annunciato di voler “forgiare la sicurezza dell’Europa insieme, anche con la Russia, mantenendo la sicurezza e l’ordine”.
Le sfide globali come il terrorismo internazionale e la proliferazione delle armi di distruzione di massa, ragiona la Merkel, richiedono di lavorare “con la Russia e non contro”. Dunque, ragiona la cancelliera, “se è vero che la soluzione non può essere militare, fornire armi non è la soluzione”. Una vera e propria stoccata alla proposta di un think tank USA di integrare gli aiuti a Kiev con dotazioni belliche, armi comprese; proposta che il Segretario di Stato USA John Kerry si è affrettato a sconfessare, ma che il presidente Obama non può non prendere in considerazione, sotto le pressioni degli interventisti del Congresso.
La partecipazione russa ai negoziati, però, non sarà incondizionata. Lo ha precisato lo stesso Putin dopo la teleconferenza: Mosca parteciperà al vertice solo se entro mercoledì saranno risolte alcune questioni sorte negli ultimi incontri. È anche la posizione del suo ministro degli Esteri Sergej Lavrov dopo l’incontro con Kerry alla conferenza di Monaco. Ribaltando la prospettiva euro-americana, Lavrov ha dichiarato che la vera minaccia alla sicurezza sarebbe un intervento USA a sostegno del governo di Kiev, che porterebbe a “conseguenze imprevedibili”.
Da Kiev, il presidente ucraino Poroshenko ha ammesso che con la teleconferenza si sono fatti “progressi” e spera in un “immediato cessate il fuoco”. Negli ultimi giorni Poroshenko aveva auspicato che la situazione del Donbass fosse risolta, e non congelata, come è accaduto negli ultimi anni ad esempio nel caso della Transnistria e dell’Abkhazia.
Il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert ha annunciato che al vertice di mercoledì prossimo parteciperanno anche i rappresentanti del “gruppo di contatto”, composto, oltre che da Russia e Ucraina, da rappresentanti dei separatisti filorussi del Donbass e dall’OSCE.
Lo scorso settembre, sempre a Minsk, il gruppo di contatto aveva stilato un protocollo per il cessate il fuoco, tregua che aveva avuto vita brevissima: a ottobre infatti era stato già violato, con il governo e i ribelli che si accusavano a vicenda di aver sparato per primi. Dopo le violazioni delle ultime settimane quell’accordo era stato abbandonato. Ora si spera nel protocollo di Minsk che sarà la base dei nuovi negoziati.
Federica Mogherini, Alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, ha rinnovato l’appoggio di Bruxelles agli sforzi diplomatici di Merkel e Hollande. Un nuovo vertice di Minsk è “un’ottima occasione”, ha sostenuto Mogherini dalla conferenza di Monaco; “non esiste alternativa alla soluzione diplomatica”. Ma la UE non transige sul diritto internazionale, che prevede il rispetto delle frontiere ucraine, e lo ha manifestato sia con imponenti aiuti economici al governo di Kiev, sia partecipando alle sanzioni economiche contro Mosca, strumento di pressione messo in atto per dissuadere i russi dal loro espansionismo. Se i negoziati dovessero fallire, ammonisce Mogherini, la UE è pronta a elevare nuove sanzioni.
Il Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, da parte sua ha espresso posizioni simili. L’Italia insiste sulla soluzione diplomatica del conflitto e vuole evitare che le sanzioni si inaspriscano; se eventualmente gli USA scegliessero di armare Kiev, politica che Gentiloni ha definito “un grave errore”, l’Italia “rispetterebbe le decisioni” del suo maggiore alleato.
Filippo M. Ragusa
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