L’Italia non intende cedere sui conti pubblici. Nella lettera inviata ieri a Bruxelles, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan spiega in 86 pagine di rapporto i “fattori rilevanti” che non permettono a Roma di aderire in pieno alle richieste dell’Unione Europea, soprattutto in termini di contenimento del debito pubblico.
“Nessuna manovra estemporanea: riduciamo il debito nel nostro interesse con una strategia che protegge la crescita”. Così, in un tweet, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan definisce la strategia di finanza pubblica portata avanti finora dall’Italia e illustrata nella lettera di risposta inviata ieri in serata alla Commissione europea.
Due settimane fa l’Ue aveva sollecitato l’Italia ad approvare misure per ridurre il deficit dello o,2% sul Pil, pari a circa 3,4 miliardi di euro. Il rischio era, ed è tuttora, quello di incorrere in una procedura di infrazione per eccesso di indebitamento.
Malgrado ciò, secondo il Governo di Roma, vi sono in gioco varianti troppo importanti per non essere considerate dai membri della Commissione europea. Fondamentale è il fattore tempo: far quadrare i conti pubblici in termini troppo brevi porterebbe al rischio di tagliare le spese con l’accetta, con conseguenti effetti negativi sulla cittadinanza e sul lento processo di ripresa economica che l’Italia sta vivendo in questo momento.
Soprattutto, Roma non arretra di fronte alle spese di emergenze per il terremoto che non è ancora stato oggetto di stima definitiva ma vale “ben oltre un miliardo”. Se ci sarà accordo con l’Ue, tale cifra per l’Italia dovrà essere decurtata rispetto al tetto dell’eventuale manovra e tali risorse potrebbero confluire in un apposito fondo. Nella stessa lettera, il ministro Padoan evidenzia i nuovi rischi che arrivano dalle scelte protezionistiche della nuova amministrazione Trump e dalla possibile concorrenza fiscale che potrebbe essere attivata dalla Brexit, il processo di uscita della Gran Bretagna dalla Unione.
Inoltre, sempre secondo Padoan, la distanza fra crescita potenziale ed effettiva va ben oltre lo 0,8% del Pil, come calcolato in sede europea ((l’Upb stima uno 0,9%).
Posto tutto questo, quali sono le misure che l’Italia intende mettere in gioco per soddisfare le richieste dell’Ue e rimettere in ordine i conti pubblici? Nel rapporto inviato a Bruxelles, si apprende che buona parte degli sforzi del Governo sarà mirato ad aumentare le entrate dello Stato, attraverso la lotta all’evasione fiscale sull’Iva e su possibili ritocchi alle accise. Allo stesso tempo, ci si concentrerà sulla riduzione delle spese, che per il 90% andrà attuata attraverso un nuovo programma di spending review e per il 10% da una limatura degli sconti fiscali (tax expenditures).
Insomma, Roma dice sì agli aggiustamenti ma all’interno di una strategia di lungo periodo. Il 13 febbraio Bruxelles pubblicherà le previsioni economiche d’inverno e forse, sapremo in che misura gli interventi promossi dall’Italia saranno destinati ad infrangersi sui rigidi parametri dell’Unione Europea.
A sostegno dell’economia italiana, la decisione della Bce di prolungare la procedura del Quantitative easing, cioè l’acquisto di debito pubblico da parte della Banca centrale europea “sino alla fine di dicembre 2017 o anche oltre se necessario”, si legge nel Bollettino economico pubblicato oggi dall’Istituto bancario. I tassi d’interesse rimarranno invece ai livelli attuali, o inferiori, “per un prolungato periodo di tempo”.
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