Era difficile e si sapeva, ma qualche speranza era ancora lecito nutrirla, invece dopo una prova a tratti persino commovente per impegno e volontà anche la Lazio saluta l’Europa dopo l’1-1 dell’Olimpico vuoto (?) contro i non certo irresistibili turchi del Fenerbahçe, proiettati alla loro prima storica semifinale europea. L’Italia rimane così a mani vuote in grande anticipo e, considerando che in semifinale c’è pure una squadra portoghese (il Benfica, e per la seconda volta in tre anni), il coefficiente Uefa delle nostre rappresentanti ritorna ad essere motivo di preoccupazione. Venendo alla gara di ieri, giocata davanti a spalti deserti che poi così deserti non erano, vista la presenza, peraltro legittima, di almeno duecento tifosi turchi entrati grazie agli inviti degli sponsor, fare un’analisi lucida che non tenga conto della situazione di partenza pesantemente condizionata dagli scempi del Signor Collum, diventa difficile. Ma, se è giusto considerare che il 2-0 maturato al Sukru Saracoglu era un risultato oltremodo bugiardo, non si può evitare di sottolineare che, nonostante l’handicap della rimonta, degli errori arbitrali dell’andata, dell’assenza dei tifosi, dei tanti tra indisponibili e acciaccati (Klose, per esempio, è ancora lontanissimo da una condizione accettabile), l’impresa era alla portata. Sì, perché il Fenerbahçe ha confermato l’impressione lasciata ad Istanbul: è squadra appena discreta, se non meno. Non adeguata a questo livello e magari avercene così tutti gli anni in un quarto di finale europeo. Una grande squadra, o anche solo una compagine di buona caratura, avrebbe cercato di amministrare il più possibile il possesso del pallone per costringere gli avversari ad estenuanti rincorse a vuoto e lucrare tempo sul cronometro, pronta a ripartire negli immancabili spazi. Invece, la squadra turca non è andata oltre un’ordinata difesa. Contro un avversario che, quindi, concedeva molto spazio di manovra a metà campo e non impensieriva davanti (pur possedendo attaccanti e trequartisti di qualità), la Lazio ha fatto quasi tutto quello che doveva fare: presidio di tutte le zone centrali del campo, dominio assoluto sulle fasce con un Candreva capace di macinare chilometri a perdifiato per tutti i 90 minuti e linea difensiva molto accorta che non concedeva nulla ai turchi se non una velleitaria conclusione da distanza siderale di Meireles. Poi, però, emergevano i problemi: Kozak troppo solo in mezzo all’area e poco e mal servito dai compagni. Ederson bravo a dargli manforte con pericolose incursioni da una delle quali arrivava, in chiusura di prima frazione, la più nitida occasione sventata da un intervento in stile Garella di Volkan Demirel, tanto reattivo quanto scarso nei fondamentali (vedi le uscite alte e la presa). E tante, troppe conclusioni dalla distanza di Hernanes e Candreva. In sostanza, buona costruzione della manovra fino alla trequarti ma scarsa lucidità ed eccessiva frenesia nel cercare sempre e subito la porta senza ricorrere all’uno due e ad un giro palla veloce contro la lentissima retroguardia turca. E poi tanta imprecisione nei cross che rendevano il bomber di Coppa Kozak (con ogni probabilità terminerà da capocannoniere con otto reti, dieci se si considera anche il preliminare con il Mura) uno spettatore non pagante. Un primo tempo regalato per eccessiva voglia di fare. Che i cross dalle fasce fossero una risorsa indispensabile per valorizzare stazza, centimetri e qualità acrobatiche del bisonte ceco si capiva in apertura di ripresa con Candreva che finalmente riusciva a mettere un pallone alto in mezzo e Libor inzuccava di un nonnulla oltre la traversa. Era il preludio della grande illusione. Poco dopo, infatti, sempre da un cross dell’esterno arrivava la zuccata vincente dell’altro dominatore di fascia, Lulic per l’1-0 al 60’. Con mezzora ancora davanti e un Fenerbahçe visibilmente scosso la sensazione diffusa era che il raddoppio-supplementare fosse nell’aria. L’ingresso in campo di Klose e Floccari e la maggior intraprendenza di Radu a sinistra ( utile a dare fiato a Candreva sull’altro lato) facevano presagire un finale rovente. E, come ammesso da Petkoviç nel dopopartita, “Se ci fosse stato il pubblico, sarebbe stata una bolgia e avrebbe sospinto i nostri ragazzi all’impresa. Sono sicuro che avremmo trovato la seconda rete.” Purtroppo, il destino aveva in serbo un epilogo di ben altro tenore e, immediatamente dopo l’ingresso in campo di Floccari, gli ospiti trovavano l’insperato, occasionale e immeritato 1-1 grazie al pur ottimo Caner Erkin ( già decisivo nel 2-0 dell’andata) sull’unico svarione difensivo con Ciani che si girava e Cana che non lo aiutava con la diagonale. La Lazio era ammirevole nel cercare quantomeno il successo platonico ma la Dea bendata confermava di avere progetti diversi. La formazione biancoceleste si congeda così dall’Europa con l’amara soddisfazione di esser stata l’ultima squadra a perdere l’imbattibilità nel corso della competizione. Ma con la certezza di avere alle spalle una tifoseria dal commovente attaccamento a questi colori, testimoniato dalla massiccia presenza, almeno 5000 supporters, già nel pomeriggio a Formello per poi accompagnare il pullman sino allo stadio e seguire la gara davanti al maxischermo (fatto installare a proprie spese) davanti alla Curva Nord. Grande la delusione alla fine, ma tanti sentiti applausi per l’impegno di tutti i protagonisti in campo. Dopo tante pagine sconfinate nella cronaca nera, l’immagine dei tifosi comunque inneggianti ai colori biancocelesti nonostante l’eliminazione era un’istantanea di cui si avvertiva il bisogno.
Nel frattempo, effettuato il sorteggio degli accoppiamenti delle semifinali che vedranno opposti il Fenerbahçe al Benfica ( passato indenne in Inghilterra al St. Jame’s Park di Newcastle) e i campioni d’Europa uscenti del Chelsea (qualificatisi nonostante il 2-3 in Russia con il Rubin Kazan) alla grande sorpresa della manifestazione, il Basilea capace di eliminare ai rigori il Tottenham ( comunque privo di diversi titolari tra cui il fuoriclasse Bale, va detto). Una squadra che non esita a scovare giovani talenti persino in Egitto. Nel Belpaese staranno fischiando le orecchie a più d’uno.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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