Alla Festa del Cinema di Roma la straordinaria personalità di Philippe Petit, che oggi ha presentato alla stampa il film The Walk, ha travolto tutti. Finora abbiamo visto e ascoltato Paolo Sorrentino, Jude Law, la coppia Frances McDormand e Joel Coen e Renzo Piano, ma nessuno di loro è riuscito ad appassionare il pubblico come quest’artista, e non si trattava nemmeno di uno degli appuntamenti programmati per la sezione “Inocontri ravvicinati” della festa.
Nell’agosto del 1974 Philippe Petit compì una delle imprese più straordinarie e folli mai realizzate, camminò su un filo sospeso nel vuoto dalla torre sud a quella nord del World Trade Center e lasciò New York con la testa per aria e il fiato sospeso per quasi 40 minuti. Eppure Philippe non è semplicemente un funambolo e il film di Zemckis lo spiega bene. Petit ama definirsi più che altro un artista, “un pittore del cielo”, come dice lui stesso, che ama l’arte in ogni sua forma.
Pochi minuti con lui ed è chiaro che tutto in questo personaggio è arte e teatralità, dai suoi pensieri al suo modo di comunicare, e Petit trabocca espressività in ogni gesto. Quando gli viene chiesto se abbia mai avuto paura durante una delle sue passeggiate sul filo inorridisce al solo sentir nominare la parola, “Io non rischio la vita,” dice “la porto sul filo con me”.
Poi spiega generosamente cosa rappresenta per lui il filo. “Non si tratta di un semplice cavo,” tira fuori dalla tasca un filo rosso, proprio come nel film, e lo mostra “è una creatura viva, una curva catenaria che mi piace ammirare”. “Con il filo io collego le persone” continua Petit “Mentre cammino da una parte all’altra, persone lontane vengono collegate le une alle altre. Per me il filo è questo”.
Petit racconta che ancora oggi, a 66 anni, continua ad esercitarsi ogni giorno per almeno tre ore, perché il filo ha una sua anima con cui bisogna entrare in relazione di continuo. Quando conobbe Joseph-Gordon Levitt infatti, prima che questi interpretasse il suo personaggio in The Walk, Petit insisté per istruirlo sull’arte del funambolismo. In otto giorni da nulla gli insegnò a percorrere quasi 30 metri in equilibrio su una fune e si sforzò di trasmettergli lo spirito, la nobiltà e la maestà di quest’arte.
Perché per Petit si tratta davvero di maestà. Quando nella sua passeggiata tra le due torri arrivò dall’altra parte del filo si sedette come su un trono. In quel momento egli racconta di essersi sentito quasi chiamare a proseguire dalla bellezza di quanto lo circondava, le torri, il cielo e il filo sospeso nel vuoto. Per questa ragione decise di continuare il suo spettacolo per ben altre otto volte, avanti e indietro da una torre all’altra.
“Sono felice di The Walk” dice Petit “perché ha dato l’opportunità a tutto il pubblico di salire con me sul filo e vivere in parte la bellezza e l’emozione di questa esperienza”. “E’ vero” continua “ci sono delle scene e dei dettagli che non corrispondono alla realtà. Ad esempio non sono mai inciampato sul filo, non sarei oggi qui con voi se fosse successo. Ma certe cose a Hollywood non si possono evitare”.
Philippe Petit vive ormai da più di trent’anni a New York, ma non ha mai smesso di continuare a cercare e sognare nuovi luoghi straordinari su cui agganciare il suo filo per compiere altre emozionanti camminate. Alla fine invita la stampa a far sapere che gli piacerebbe molto essere invitato a fare un passeggiata in una delle cave di Carrara: “Sono come maestose cattedrali di marmo e immagino di camminarci di notte alla luce di migliaia di candele. Diffondete la notizia per favore”.
Vania Amitrano
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