Ci mancavano le parole di Papa Francesco, pronunciate in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Rota Romana: “Non puo esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”, e quelle di richiamo del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, a non confondere i diversi tipi di unione: “La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico”, ha detto Bagnasco, ricordando che “i bambini hanno diritto di crescere con una mamma e un papà “.
Ma cosa prevede l’articolo 5 del ddl Cirinnà? In sostanza, al di fuori dei tecnicismi, equipara i partner omosessuali ai coniugi eterosessuali, consentendo che anche i ‘contraenti unione civile possano adottare il figlio del partner. Andando più nello specifico, l’articolo 5 del ddl sulle unioni civili recita: “All’articolo 44, comma 1, lettera b), della legge 4 maggio 1983, n. 184, dopo la parola: “coniuge” sono inserite le seguenti: “o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso” e dopo le parole: “e dell’altro coniuge” sono aggiunte le seguenti: “o dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Si va cioè a modificare il testo della legge che recita: “I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7”, ovvero possono essere adottati “dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge”.
Il che vuol dire che anche alle coppie omosessuali sarà consentito adottare il figlio, anche se adottivo, del partner. Ed è su questo punto che si concentrano le maggiori critiche dei detrattori: si apre la possibilità alla ‘pratica’ dell’utero in affitto, è l’accusa. Gli estensori dell’articolo 5 del ddl Cirinnà specificano che la ‘stepchild adoption’ si può avere solo qualora venga a mancare uno dei due genitori del bambino, o per sopravvenuta morte, o perché il bambino non è stato riconosciuto o perché è stato successivamente disconosciuto.
Fondamentale che anche questo punto non si stravolga se si vuole il voto del M5S: “A noi sembra una buona legge” ha detto il parlamentare Alfono Bonafede e “se la legge rimane quella che per ora è in esame, voteremo a favore”. L’indicazione del Pd è invece quella di votare secondo coscienza, anche se fino all’ultimo cercherà una mediazione per evitare di arrivare spaccati.
Rimane comunque la determinazione a chiudere sulle unioni civili: “Siamo rimasti l’unico paese dei 28 senza una disciplina sulle unioni civili, è fondamentale che si chiuda cercando il più possibile di ascoltarsi e rispettarsi ma poi si sappia che ad un certo punto si vota e sui temi etici ci sarà libertà di coscienza come doveroso che sia – ha detto Matteo Renzi alla direzione del suo parito – Il compromesso non è lo strumento per non arrivare a chiudere. Sono giuste tutte le posizioni ma si sappia che per il Pd la riforma è irrinviabile”.
Il numero minimo di voti necessari perché il ddl Cirinnà passi alla Camera è 161 e servirà molto probabilmente una maggioranza trasversale: non solo il sostegno dei 5 stelle quindi, ma anche almeno quello dei verdiniani.
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