Jeffrey Epstein. Sessantasei anni, miliardario, amico di tanti personaggi potenti – Bill Clinton e Donald Trump, tanto per fare due nomi – con un Boeing 747 tutto per sé e sei case sparse per il mondo. Una, quella a Manhattan – 2000 metri quadri e 57 milioni di valore – è stata perlustrata palmo palmo dal FBI, appena un’ora dopo il suo arresto all’aeroporto di Teterboro (New Jersey), reduce da una lunga vacanza a Parigi.
Il finanziere è al centro di uno scandalo, che lo ha perseguitato per decenni: avrebbe presumibilmente gestito un’operazione di traffico sessuale minorenne. Nella sua casa newyorkese gli agenti hanno finalmente trovato tanto di quel materiale fotografico e registrato che se vi fosse stato un regolare processo Epstein avrebbe rischiato fino a 45 anni di carcere. Nel suo atto d’accusa, reso noto solo una settimana fa, il procuratore del Distretto Sud di New York, Geoffrey Berman, ha detto che dal 2002 al 2005, Epstein e i suoi confidenti hanno portato ragazze minorenni nella sua casa a Manhattan, così come nella sua villa a Palm Beach per commettere atti sessuali illegali ai quali avrebbe preso parte anche il principe Andrea, figlio della regina Elisabetta d’Inghilterra.
Ma Epstein sabato scorso è morto: non ha retto alla vita da recluso, alle pesanti accuse che gli sono state mosse: abusi sessuali, sfruttamento della prostituzione e traffico di minori, oppure c’è dell’altro? Il 10 agosto scorso, al mattino, è stato trovato privo di vita nella sua cella del carcere di Manhattan in cui era detenuto. Apparentemente una morte per suicidio.
Ma molti si chiedono cosa avrebbe potuto raccontare se fosse rimasto vivo. A chiederselo, tra gli altri, il sindaco di New York, Bill de Blasio. “Quello che tanti di noi vorrebbero conoscere – ha dichiarato alla BBC – è: cosa sapeva?” ha detto il primo cittadino. “Quanti altri milionari e miliardari – ha continuato – erano parte delle attività illegali in cui lui era impegnato?”. “Quelle informazioni non sono morte con Jeffrey Epstein, devono essere indagate” ha concluso il sindaco.
Nato da una famiglia ebraica di Coney Island, New York, padre giardiniere e madre casalinga. Ha lavorato come professore di fisica e matematica alla Dalton School, nel quartiere dell’Upper East Side di Manhattan, benché non avesse mai finito gli studi. Un lavoro che gli ha consentito di entrare in contatto con Alan Greenberg, dirigente della Bear Stearns, un’azienda di investimenti newyorchese.
Conosciuto anche nel mondo dello spettacolo, i suoi contatti spaziavano da Kevin Spacey a Les Wexner, meglio conosciuto come il proprietario dell’azienda di abbigliamento Victoria’s Secret. Ma non solo, anche l’ex presidente americano Bill Clinton e l’attuale inquilino della Casa Bianca Donald Trump risultano tra le sue frequentazioni, così come Andrea del Regno Unito, il fratello del principe Carlo. «Investo nelle persone, che siano politici o scienziati», aveva detto una volta Epstein in merito ai suoi clienti di prestigio.
Chi lo accusa
Virginia Roberts Giuffrè è una delle testimoni chiave nel caso Epstein: ha dichiarato di essere stata tenuta come schiava del sesso da minorenne e costretta ad avere rapporti sessuali con personaggi importanti tra cui proprio il duca di York, il principe Andrea, figlio della regina d’Inghilterra.
Nel 2005 il miliardario era stato denunciato dalla madre di una ragazza di 14 anni, quest’ultima attirata da altre due adolescenti nella villa di Epstein dove, per 300 dollari, si sarebbe dovuta spogliare e avrebbe dovuto massaggiare il finanziare. L’indagine dell’Fbi portò all’identificazione di altre cinque presunte vittime e 17 testimoni. Dalle indagini emerse un sistema di prostituzione ben strutturato.
Secondo una successiva inchiesta del Miami Herlad sarebbero 80 le donne che hanno affermato di essere state molestate dal magnate americano. Una ragazza di circa 16 anni si era rifiutata di fare sesso con Epstein, ma dopo i continui rifiuti lui l’avrebbe violentata e le avrebbe offerto mille dollari in contanti per scusarsi. Secondo la polizia Epstein adescava ragazze povere o che venivano da famiglie disagiate, sfruttando il loro bisogno di denaro.
Nel 2006 la polizia di Palm Beach incriminò Epstein, ma il finanziare riuscì a rimanere impunito grazie a un “non prosecution deal“, ovvero a un accordo previsto dall’ordinamento statunitense attraverso cui il pm accetta di non perseguire l’imputato in cambio del suo impegno a non reiterare il reato. Fu Alexander Acosta – l’ex ministro del Lavoro di Trump, allora procuratore della Florida – ad accettare il patteggiamento.
Epstein scontò 13 mesi di carcere e fu iscritto nel registro dei molestatori sessuali della Florida. Secondo alcune indiscrezioni Epstein riuscì a cavarsela in quanto l’accordo prevedeva l’immunità per altri presunti complici, permettendogli quindi di coprire persone ritenute molto influenti.
A luglio del 2019, Epstein finisce di nuovo al centro dello scandalo mediatico quando viene arrestato all’aeroporto Teterboro del New Jersey. Questa volta viene incriminato per traffico sessuale e associazione a delinquere finalizzata al traffico di minori. Il 18 luglio Epstein si era visto rifiutare il rilascio su cauzione, dopo che si era detto disponibile a versare 100 milioni di dollari. Ma per il pubblico ministero, considerato il patrimonio da più di 500 milioni di dollari, sarebbe stato facile per lui lasciare il Paese se non fosse stato tenuto in prigione.
Il 24 luglio Epstein era stato ritrovato in cella privo di sensi e con segni di ferite attorno al suo collo. Stranamente, proprio dopo quel tentativo Epstein, non fu applicata la regola prescritta di una stretta sorveglianza al fine di scongiurare nuovi episodi del genere. Quindi, sabato mattina, il ritrovamento del suo corpo senza vita. Un epilogo dietro al quale potrebbe anche esserci un complotto: lo avrebbero ammazzato per evitare che incriminasse qualcuno dei suoi potenti amici come i Clinton o Trump (il primo a caldeggiare l’ipotesi del complotto), ad esempio.
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