A far precipitare il DC 9 dell’Itavia che volava sopra i cieli di Ustica fu un missile o “una quasi collisione tra velivoli militari non identificati che volavano attorno all’aeroplano al momento del disastro”. E’ una delle conclusioni a cui sono giunti i giudici civili di Palermo che hanno condannato i ministeri a risarcire i familiari delle vittime del disastro. Le motivazioni della sentenza sono state depositate. Nel provvedimento i magistrati escludono che a causare l’incidente fu una bomba.
C’era un’azione di guerra nel cielo di Ustica la notte del 27 giugno del 1980, quando il Dc9 dell’Itavia precipitò in mare. La verità sul disastro costato la vita a 81 persone arriva dopo 30 anni è, appunto, contenuta nella sentenza del tribunale civile di Palermo che ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a un risarcimento record in favore dei familiari delle persone decedute. “Tutti gli elementi considerati – scrive il giudice Paola Proto Pisani nelle 200 pagine di motivazione depositate ieri – consentono di ritenere provato che l’incidente accaduto al DC9 si sia verificato a causa di un intercettamento realizzato da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del DC9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del DC9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell’esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l’aereo nascosto ed il DC9”. Dalla motivazione della sentenza, resa pubblica dagli avvocati Alfredo Galasso e Daniele Osnato, si trae un quadro completo di tutti gli atti emersi durante il procedimento penale, riproposti al vaglio del processo civile da parte dei legali dei familiari delle vittime. Il tribunale civile era chiamato a stabilire se i ministeri avessero messo in atto ogni azione per la tutela dell’incolumità del volo civile e se avessero impedito ai parenti delle vittime di conoscere la verità. Così il giudice ha risposto ai due quesiti posti dai legali: “i fatti accertati rilevano una situazione aerea complessa che può avere consentito l’inserimento di un velivolo nella scia del DC9 al fine di evitare di essere rilevato dai radar, e una serie di anomalie sia nelle rilevazioni radar che nel comportamento dei velivoli presenti nelle immediate vicinanze del DC9”. E da ciò deriva la responsabilità per “concorso in disastro aviatorio” di chi, addetto al controllo radar dei voli civili, aveva obbligo di impedire l’evento. Secondo i giudici, inoltre, il ministero della Difesa avrebbe ostacolato “l’accertamento delle cause del disastro, così impedendo l’identificazione degli autori materiali del reato di strage che sono potuti restare impuniti”. Alcuni ufficiali e sottoufficiali dell’Aeronautica Militare italiana si sarebbero resi responsabili di false testimonianze, favoreggiamento, abuso d’ufficio, soppressione di atti pubblici, falsi documentali, insomma di un “vero e proprio depistaggio”. Così ostacolando la giustizia ed impedendo ai familiari delle vittime di conoscere autori e responsabilità del disastro. Da ciò la responsabilità del ministeri per gli atti (illeciti) commessi dai loro dipendenti, nell’esercizio delle attribuzioni loro assegnate. “I ministeri con la presente sentenza – scrive il tribunale – vengono infatti condannati al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli attori per la perdita dei loro congiunti, per avere concorso colposamente a provocare la caduta dell’aereo”. La sentenza infine riconosce “l’interesse dei familiari delle vittime a conoscere come e perché i congiunti sono morti e anche perché tale conoscenza sia stata così evidentemente preclusa per trent’anni”. “L’esigenza di conoscere la verità – si legge nel provvedimento – “é indispensabile per poter definitivamente seppellire i morti e compiutamente elaborare il lutto che è conseguito al disastro aereo di Ustica”.
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