È costato ‘solo’ diverse centinaia di miliardi di Pil e decine di migliaia di posti di lavoro, persi per sempre, il fermo totale per quasi tre mesi imposto dal governo Conte per salvaguardare la salute degli italiani ed evitare il proliferare di contagi da Coronavirus.
Ora però oltre al gravissimo danno economico sembrerebbe doversi sommare la beffa, causa la diffusione del contenuto dei verbali desecretati del Comitato tecnico scientifico, che rischia di avere conseguenze catastrofiche per il governo.
Le associazioni di molte categorie, soprattutto operanti nel Meridione d’Italia – come scrive oggi il quotidiano “Il Mattino” – sarebbero pronte a chiedere i danni allo Stato per le macroscopiche perdite subite. Patrizia Di Dio, presidente Confcommercio Palermo e vice presidente nazionale di Federmoda Italia è sbigottita. «È stato un golpe – dice – e non ne capiamo le ragioni. Chiederemo con forza che i danni per un territorio come il nostro vengano risarciti, che emerga la responsabilità per avere fatto sprofondare la Sicilia in una drammatica e insanabile emergenza economica e sociale». Non è escluso che anche altri settori, come il commercio e il turismo, possano fare altrettanto un po’ in tutte le regioni del Sud dove il lockdown non sarebbe stato necessario.
Intanto oggi si conosce anche cosa emerse nella riunione nella riunione del Cts il 3 marzo scorso: il Comitato tecnico-scientifico propose di adottare misure restrittive in Valseriana, suggerendo di istituire zone rosse nei Comuni di Alzano lombardo e Nembro. Ma l’invito al governo rimase inascoltato. Lo rivela l’Eco di Bergamo sulla base del verbale di quella riunione, reso pubblico dal consigliere regionale della Lombardia Niccolò Carretta.
“Il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della zona rossa – si legge nel documento – anche in questi due comuni, al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue”. Sono Alzano Lombardo e Nembro i due comuni a cui si fa riferimento nel verbale ufficiale numero 16, redatto martedì 3 marzo al termine della riunione del Cts.
Il 5 marzo – ricostruisce l’Eco di Bergamo – in provincia di Bergamo arrivano 250 tra poliziotti, carabinieri e uomini della Guardia di Finanza pronti a blindare i due Comuni della Valseriana. Non entreranno mai in azione. Lo schieramento era stato deciso dopo due giorni di intensi confronti tra Regione, Iss, comitato tecnico scientifico e governo. Dal verbale emerge la posizione netta degli esperti, che consigliavano l’istituzione della zona rossa: “I due comuni – si legge ancora – si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili ad un’unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l’R0 è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di altro rischio di ulteriore diffusione del contagio”, sottolineavano gli esperti. Ma le zone rosse non furono istituite.
Siamo solo all’inizio delle scoperte sull’atteggiamento a dir poco singolare preso dall’esecutivo, pur avendo a disposizione un pool di tecnici col compito di suggerire al Governo le misure da adottare per contenere l’epidemia di Covid-19. Sarà finalmente il caso che il governo dopo aver tardato, per prendere tempo, a rendere pubblici i verbali del Cts, con sollecitudine risponda in Parlamento ai vari dubbi che questo materiale sta sollevando. Il Paese tutto, alcune Regioni in particolare, viste le conseguenze subite, ne ha pieno diritto.
A.B.
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