E’ iniziato oggi, a Newport, in Galles, il vertice Nato impernaito sulla ricerca di soluzioni alla crisi ucraina (ma si parlerà anche di Iraq e Isis).
“Guardando indietro nel tempo, ci rendiamo conto che sembra che Putin abbia preparato questa situazione negli anni, come risultato di una politica di lungo periodo che ha contemplato anche l’invasione della Georgia” e “Mosca considera la Nato un avversario“. Sulla scorta di queste convinzioni espresse da alcuni alti funzionari dell’Alleanza Atlantica alla vigilia del summit gallese, sono cominciati i lavori che vedono il nostro Paese rappresentato dal premier, Matteo Renzi.
“Dobbiamo essere uniti nella condanna del comportamento della Russia e sono inaccettabili le violazioni del diritto internazionale“, le prime parole di Renzi che ha poi aggiunto: “Gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco devono essere sostenuti con forza. C’è una priorità umanitaria da indirizzare. Spero che un effettivo e durevole cessate il fuoco possa realizzarsi presto sulla base dei colloqui del presidente Poroshenko con il presidente Putin. Putin, dal canto suo, deve portare fatti e non parole“. Quindi, l’apertura del nostro premier ad una via diplomatica: “La Nato ha un ruolo da svolgere nell’aiutare a raggiungere una soluzione politica” nel dare un “supporto concreto” a Kiev ma al tempo stesso “dobbiamo evitare che la Nato sia percepita come “un ulteriore fattore conflittuale”. Ma se il dialogo viene proposto come medicina risolutiva in un’ottica di lungo periodo, Renzi non elude il nodo di cosa fare nell’immediato: “La nostra reazione all’escalation militare della Russia deve essere ferma e rapida. Noi dobbiamo aumentare la pressione attraverso nuove sanzioni. Siamo pronti ad allargare il campo di misure restrittive nella finanza, nella difesa, tecnologie sensibili e beni ‘dual use’“. Ecco, quindi, l’altro punto più qualificante dell’intervento del nostro rappresentante: l’irrigidimento della risposta sanzionatoria dell’Alleanza Atlantica all’aggressività di Mosca, con tanti saluti al pericolo di reazioni russe (leggi, embargo ai prodotti dei paesi Nato). Sanzioni che avranno un carattere certamente economico, ma che potrebbero investire anche altre sfere: è proprio di queste ore, infatti, il dibattito sulla praticabilità o meno di revocare l’assegnazione alla Russia di eventi sportivi di rilevanza planetaria. Soluzione, comunque, di complicatissima percorribilità visto che si parla dell’ipotesi di boicottare il GP di Russia di F1 a Sochi (in programma il 12 ottobre, troppo a ridosso, quindi) o, addirittura, i Mondiali di calcio 2018 assegnati, tra mille polemiche, al Paese di Putin (ancora troppo di là da venire e comunque il presidente della Fifa, Joseph Blatter, ha già fatto sapere di non considerare neppure un’eventualità del genere e, del resto, Gazprom sponsorizza, tra l’altro, sia la stessa Fifa che l’Uefa), in caso di mancata riassegnazione della massima rassegna calcistica mondiale ad un altro Paese (Cameron premerebbe molto perchè sia la Gran Bretagna).
Una ricetta all’insegna di un equilibrato dosaggio di rigore e aperture diplomatiche non tropppo dissimile da Renzi è stata proposta anche dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, per il quale le misure per rafforzare la capacità di risposta della Nato “rispettano il Trattato Nato-Russia” ed “è chiaro a tutti che è la Russia ad averne violato i fondamenti“. Affermazioni seguite da un più conciliante: “Benché abbiamo sospeso ogni collaborazione pratica con la Russia, è aperto il canale di dialogo politico e diplomatico“.
La strada, come si può facilmente intuire, è ancora in salita e irta di ostacoli come fa intendere anche la reazione stizzita di Kiev ai sette punti messi sul tavolo da Putin (“Pensati per distruggerci, distrarre la Nato e restaurare l’Urss; la Russia deve solo ritirare il suo esercito dall’Ucraina“, ha affermato, categorico, il premier ucraino Arsenij Yatsenyuk) ma qualcosa comincia, molto lentamente, a muoversi.
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