Non è destinata a subire mutamenti particolari, la posizione del mondo dell’economia verso quello della politica. Le riforme servono e servono immediatamente, soprattutto perché il programma della Bce di acquisti dei titoli pubblici, che “migliora il contesto macroeconomico, riduce l’incertezza e sostiene la fiducia”, è destinato per sua natura “a smorzarsi non appena avrà raggiunto il suo obiettivo”.
La spia rossa di pericolo, questa volta, viene accesa dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che, durante il suo intervento al convegno sulla storia dell’IRI che si è svolto oggi all’Accademia dei Lincei, ha voluto ribadire l’urgenza del compimento del percorso che la Bce stessa ha richiesto ai Paesi membri.
Servono, dunque, strumenti che “innalzino a un tempo produttività e occupazione, creando reddito e nuova domanda”.
È infatti proprio questo il “momento di intervenire strutturalmente sul potenziale di crescita dell’Economia”, la cui variabile decisiva sono “gli investimenti privati e nelle infrastrutture” e la “dimensione d’impresa”.
Per Visco infatti gli investimenti sono la “cerniera fra domanda e offerta, sospingono il reddito e ristrutturano l’offerta incorporandovi il progresso tecnologico”. Questo, permette a chi produce di adeguarsi ai nuovi “contesti competitivi” orientando le imprese all’innovazione.
Parlando del sistema produttivo italiano, infatti, è stato posto l’accento sul fatto che più l’impresa è “piccola e più è difficile sostenere i costi connessi all’attività di ricerca, sviluppo e innovazione e l’accesso ai mercati esteri”.
Nella sua relazione, Visco ha spiegato anche come sia necessario che le politiche pubbliche diano sostegno a un sistema produttivo “complessivamente ancora in forte affanno”, puntando sulla “qualità dei servizi offerti dagli apparati pubblici”, visto che un sistema che “non è in grado di combattere criminalità, corruzione ed evasione fiscale” non invoglia gli imprenditori a produrre o a puntare sullo sviluppo.
“Oggi in Italia l’azione pubblica di promozione” della crescita economica “deve rivolgersi soprattutto a migliorare le condizioni di contesto per le imprese anche attraverso regole certe e stabili”. E sempre rivolgendosi alle Istituzioni, “nel rispetto della disciplina dell’Ue”, Visco chiede un intervento per alleggerire le banche dalle sofferenze e liberare nuove “risorse”.
“Le banche italiane – ha spiegato – hanno resistito alla prova difficilissima di una fase recessiva durata oltre sei anni”. Una crisi che ha lasciato in eredità “crediti inesigibili da imprese uscite dal mercato o in gravi difficoltà, che appesantiscono i bilanci e limitano la capacità di erogare nuovi finanziamenti a imprese vitali e sane”.
Da qui l’attesa di un intervento diretto dello Stato volto a liberare risorse di cui beneficerebbero innanzitutto proprio le imprese. E proprio allo scopo di garantire un aiuto ai tessuti produttivi Visco auspica l’avvio di “un processo di riforma volto a meglio integrare gli strumenti per il finanziamento delle imprese oggi esistenti”, che vada oltre quel quadro di sostegno finanziario ai tessuti produttivi che è “ancora molto frammentato”.
Anche da Bruxelles è arrivato il richiamo, ormai quasi quotidiano, del presidente della Bce Mario Draghi ai governi dell’Eurozona. “I risultati positivi del nostro programma di acquisto non devono distrarre gli altri dal dare il proprio contributo”, ha affermato oggi intervenendo al Parlamento Europeo. Servono “politiche di bilancio per sostenere la ripresa, assicurando la sostenibilità del debito, la piena e coerente attuazione del patto di stabilità e le riforme strutturali”.
Questo perché, come peraltro chiarito sin dal momento dell’avvio della manovra monetaria dell’Eurotower, “la crescita sta guadagnando slancio. La base della ripresa si è chiaramente rafforzata”, “l’inflazione rimarrà bassa o negativa” fino alla fine dell’anno considerata la caduta “del prezzo del petrolio”. Tuttavia lo sforzo, da oltre mille miliardi di euro, si trasformerà in un immensità di euro mandati in fumo se non si portano a compimento i processi di innovazione dei sistemi economici dei paesi europei. La frequenza dei richiami tradisce l’impazienza del mondo economico che, sebbene sfrutti il trampolino di lancio dell’ottimismo generato dall’iniezione di risorse liquide fresche, evidentemente teme un arresto brusco della ripresa. Le cui conseguenze, questa volta, potrebbero essere decisamente più pesanti.
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