Si chiama Wefood, il supermercato di Copenhagen che combatte lo spreco alimentare vendendo cibo “expired” (scaduto, da buttare). In realtà, si tratta di eccedenze, che rispettano tutti i criteri sanitari ma che permettono di risparmiare dal 30 al 50%.
“WeFood è senz’altro il primo supermercato di questo tipo in Danimarca, ma pensiamo che sia anche il primo nel mondo. La nostra iniziativa non è pensata soltanto per i clienti con i redditi più bassi. Al contraria, è nata per chi è preoccupato dalla quantità di rifiuti alimentari prodotti in questo paese”, spiega Bjerre lavora per l’organizzazione non governativa che ha fondato il supermercato, Folkekirkens Nødhjælp. Secondo i dati, ogni giorno la Danimarca produce 700mila tonnellate di cibo sprecate, e in tutto il mondo se ne producono circa 1,3 miliardi.
Il ministro danese dell’Ambiente, Eva Kjer Hansen, sottolinea che “è ridicolo che il cibo che esce dalla filiera venga buttato via. È un male per l’ambiente, e un modo per buttare via il denaro impiegato nella produzione”. È un dato di fatto, comunque, che negli ultimi cinque anni la Danimarca ha ridotto del 25% i rifiuti alimentari.
E il cibo invenduto sta diventando argomento di discussione in molti paesi del mondo: la Francia ha da poco approvato una legge che vieta ai supermercati di buttare via i generi alimentari invenduti.
I motivi dell’eccedenza alimentare sono vari, si può trattare di cibo in più comprato dalle famiglie, ma anche di frutta o alimenti ammaccati e quindi buttati perchè brutti da vedere, oppure ancora di prodotti che non vengono confenzionati correttamente. Bene, tutto questo cibo viene raccolto dai volontari in vari punti della città per poi finire nel mercato di Wefood.
Il cibo scaduto deve essere sempre gettato nell’immondizia? La risposta è: dipende. Infatti, a seconda del tipo di scadenza e in base al tipo di alimento, non è detto che i cibi scaduti debbano sempre essere buttati tra i rifiuti. La data di scadenza che viene riportata sulle confezioni di prodotti alimentari indica la data fino alla quale il prodotto è igienicamente idoneo a essere consumato, sempre che vengano rispettate correttamente le istruzioni di conservazione.
La dicitura “da consumarsi entro”, seguita dalla data, deve essere obbligatoriamente riportata sulle confezioni dei prodotti alimentari preconfezionati che vanno incontro a una rapida deperibilità quali, per esempio, carni fresche, formaggi freschi, latte e prodotti lattieri freschi, pasta fresca, prodotti ittici freschi ecc.). Sulle confezioni, oltre a vari altri dati, devono essere riportate le condizioni di conservazione.
Nel caso di prodotti alimentari non soggetti a rapida deperibilità, la dicitura “da consumarsi entro” viene sostituita dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” seguita dal cosiddetto termine minimo di conservazione (anche TMC); quest’ultimo è un termine temporale che indica fino a quando un alimento mantiene, se conservato adeguatamente, le sue specifiche caratteristiche.
Per quanto concerne i prodotti alimentari conservabili per un periodo inferiore ai 3 mesi, sono sufficienti le indicazioni di giorno e mese di scadenza; per i prodotti alimentari conservabili da 3 ai 18 mesi, è sufficiente indicare mese e anno di scadenza; infine, per quanto riguarda i prodotti conservabili per un periodo superiore ai 18 mesi, è sufficiente indicare l’anno di scadenza.
Per determinati prodotti alimentari l’indicazione del termine minimo di conservazione non è obbligatorio; è per esempio il caso di frutta e verdure fresche (sempre che non siano state sbucciate o tagliate), di vino, aceto, sale e zucchero allo stato solido, pane, focacce, prodotti di pasticceria fresca, bevande alcoliche (se la percentuale di alcol supera il 10%), gomme da masticare ecc.
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