Le ultime rivelazioni di Wikileaks hanno assestato un colpo durissimo alla CIA e all’immagine dell’amministrazione Obama.
Secondo quanto si legge nella prima puntata del dossier Vault 7, l’intelligence USA aveva messo a punto programmi in grado di trasformare smartphone e smart TV in sistemi di ascolto.
Il programma Weeping Angel era stato concepito per prendere il controllo del microfono contenuto nei modelli SmartTV della Samsung, una delle linee di televisori più vendute negli ultimi anni, ad apparecchio apparentemente spento. Altri software fanno lo stesso con i telefonini di ultima generazione e disattivano i sistemi di criptatura delle app di messaggistica istantanea, come Whatsapp e Telegram.
Ma nell’era dell’Internet delle cose, cioè da quando si sono moltiplicati gli oggetti di uso comune capaci di connettersi alla Rete – e che spesso finiscono nei negozi, e nelle nostre case, con evidenti falle nella sicurezza, nonostante gli allarmi degli esperti – questo apre infinite possibilità di mettere sotto sorveglianza chiunque, e nulla garantisce la buona fede di chi se ne serve. Nel 2014, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, la CIA aveva anche iniziato a lavorare su un sistema di controllo a distanza di auto e camion.
Il dossier pubblicato è di dimensioni enormi, come vuole la tradizione di Wikileaks: 8.761 file nel primo scaglione, e altri ne seguiranno nei prossimi giorni. E contiene prove dell’esistenza di un sistema di spionaggio ramificato. Dimostra che nel quartier generale CIA a Langley, in Virginia (USA), opera una divisione speciale incaricata di sviluppare i malware adatti a prendere il controllo dei più vari dispositivi. E che nel consolato USA di Francoforte, in Germania, agisce un’unità della CIA che smista i dati raccolti in tutta Europa, in Medio Oriente e in Africa.
Già questo basterebbe per scatenare una tempesta sulla CIA. Ma ancora più preoccupante è il modo in cui Wikileaks ne è venuta a conoscenza: l’intelligence ha perso il controllo su Umbrage, il database in cui cataloga le forme note di malware. Parti dell’archivio sono state copiate, scambiate e hanno fatto il giro del mondo. La catena probabilmente parte da dipendenti e collaboratori della CIA, ma non c’è modo di sapere per che mani siano passati quei file prima di arrivare all’organizzazione di Julian Assange. Per ora non è chiaro nemmeno se il whistleblower – la “talpa” che ha rivelato il segreto – sia uno solo o più d’uno.
Il colpo ha raggiunto la CIA in uno dei frangenti più difficili della sua storia. Nessun presidente aveva mai attaccato e delegittimato l’agenzia federale di intelligence come Donald Trump, che sembra non aver perdonato ai suoi investigatori le indagini sul Russiagate, i misteriosi contatti fra uomini del suo staff e delle istituzioni di Mosca.
Wikileaks, d’altra parte, aveva già denunciato le pratiche di sorveglianza dell’amministrazione Obama nel 2013 ai tempi dello scandalo NSA. E aveva già servito un assist a Trump durante le presidenziali, pubblicando la posta elettronica di Hillary Clinton. Anche la tempistica dell’ultima rivelazione fa il gioco del presidente: pochi giorni fa Trump ha accusato Barack Obama di averlo fatto spiare dalla CIA, il che all’inizio era sembrata solo l’ultima delle sue dichiarazioni a effetto.
Sempre più commentatori si chiedono se questa convergenza di interessi fra Assange e Trump sia casuale o voluta. Alcuni ricordano che è difficilissimo trovare su Wikileaks informazioni che danneggino Mosca; questo almeno dal 2013, quando Edward Snowden, la talpa del caso NSA, ha ottenuto asilo in una località segreta della Russia.
F.M.R.
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