Avrebbe forse preferito perdere mezzo miliardo di dollari, diamanti o lingotti: invece Yahoo! ha confermato il furto subìto nel 2014 di 500 milioni di informazioni e dati personali dei suoi utenti. Un boomerang in termine di immagine, il colpo decisivo per un’azienda in fortissima crisi dal 2008 e che ora potrebbe non trovare più un modo per salvare la nave che affonda.
I dati rubati includono i nomi degli utenti, le date di nascita e gli indirizzi e-mail ma nessuna informazione finanziaria.
Il sospetto è che dietro alle vittime dei pirati informatici, tra le quali spunta anche Michelle Obama, ci sia in realtà un hacker professionista al soldo di una potenza straniera. Quel che è certo è che sicuramente una fuga di informazioni di queste dimensioni, dove oltre al passaporto della First Lady finiscono online anche email personali dei dipendenti della Casa Bianca e che lavorano per la campagna della canditata alla presidenza Hillary Clinton, alza un polverone difficile da spazzare via. Le falle nella privacy generano sfiducia, la sfiducia genera confusione e la confusione e la paura spingono spesso verso soluzioni a breve termine e tra le braccia di chi le promuove, avendo come cavallo di battaglia della “sicurezza” nazionale (vedi il candidato repubblicano Donald Trump).
Per ora, assicura Yahoo!, non si sono rilevate tracce della presenza di “attore esterno sponsorizzato da uno Stato” nelle rete della società anche se il colosso informatico non è la sola società americana ad aver subìto attacchi di pirateria informatica e i sospetti principali si sono riversati su Russia e Cina.
P.M.
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