Il conflitto in Yemen ha superato i confini dello Stato.
Nella notte fra mercoledì e giovedì, l’aviazione della coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita e appoggiata dagli USA ha bombardato obiettivi strategici in mano agli Houthi e ai loro alleati.
L’intervento della coalizione, richiesto esplicitamente dal governo del Presidente Abdu Rabbuh Mansur Hadi, espone tutta la penisola araba e in generale il Medio Oriente al rischio di un’escalation militare, lungo le linee delle alleanze e delle rivalità più o meno dichiarate.
L’attacco è stato annunciato mercoledì dall’Ambasciatore saudita a Washington Adel al-Jubeir, che lo ha giustificato con le necessità di proteggere il governo yemenita riconosciuto a livello internazionale, cioè quello di Hadi, e di impedire ai miliziani Houthi l’accesso agli armamenti dello Stato.
I raid notturni hanno colpito soprattutto Saada, la città da dove trae origine il movimento degli Houthi, distante meno di cento chilometri dalla frontiera saudita.
Altre incursioni aeree hanno colpito la capitale Sana’a e altre postazioni dei ribelli sciiti. Fra queste la base militare di Anad, abbandonata pochi giorni fa dalle forze speciali USA, che se ne servivano nella lotta contro al-Qaeda nella regione.
L’attacco aereo da parte della coalizione getta nuova luce a posteriori sull’evacuazione della base. Abbandonare una postazione militare nell’imminenza di un bombardamento alleato è una prassi che gli USA hanno già messo in atto, ad esempio, nella seconda guerra del Golfo.
I danni provocati dai raid aerei sono stati senza dubbio ingenti: le immagini trasmesse dalle televisioni arabe mostrano strade colme di calcinacci e detriti.
Sul numero dei morti, invece, non esistono dati certi. La CNN ha parlato di 18 morti e 24 feriti a Sana’a, mentre l’agenzia di stampa di Stato siriana Sana parla di “tredici vittime civili”, fra cui donne e bambini.
Immagini di vittime raccolte in un unico punto per l’identificazione sono state trasmesse dalla tv yemenita al-Masira, organo d’informazione della fazione Houthi.
Alle operazioni militari partecipano, oltre all’Arabia Saudita, che ha messo in campo 100 aerei e 150 mila soldati, Emirati Arabi, Bahrain, Qatar e Kuwait: ad eccezione dell’Oman, tutti gli Stati membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, il club degli Stati amici di Riyad che si affacciano sul Golfo Persico. Ai raid partecipano anche aerei sudanesi, marocchini e giordani.
A completare la coalizione sono l’Egitto e il Pakistan, che provvederanno alla conduzione delle ostilità in mare. Per la provata economia egiziana, in particolare, è vitale mantenere aperto a cargo e petroliere lo stretto di Bab al-Mandab, all’estremità meridionale del Mar Rosso, passaggio obbligato per chiunque si diriga verso il Mediterraneo attraverso il canale di Suez.
La Casa Bianca ha espresso il suo sostegno all’intervento militare. Nel comunicato stampa, si afferma che il Presidente Barack Obama ha concesso alla coalizione “supporto logistico e intelligence”.
Parole di sostegno all’iniziativa saudita sono arrivate anche dalla Turchia.
Arrivano puntuali, invece, le condanne di Teheran e di Damasco.
Per bocca di una portavoce del ministero degli Esteri, l’Iran ha chiesto all’Arabia Saudita di fermare immediatamente i raid, che “complicheranno ulteriormente la situazione” in cui versa lo Yemen, e “ostacoleranno gli sforzi di risolvere la crisi in modi pacifici”.
L’intervento saudita, secondo la portavoce, finirà per “seminare terrorismo ed estremismo in tutto il Medio Oriente”.
Il capo del programma nucleare iraniano, Ali Akbar Salehi, si è detto “preoccupato dell’impatto di eventi regionali e internazionali sui negoziati sul nucleare”.
Secondo Salehi, “qualcuno sta provando ad assicurarsi che non si trovi un accordo”.
Filippo M. Ragusa
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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